Un incrocio di storia, cultura e innovazione

Se siete alla ricerca di un altro pezzo di storia livornese che vi trasporti indietro nel tempo, non potete perdervi la Dogana d’Acqua. Un edificio storico situato lungo le pittoresche Mura Leopoldine che un tempo fungeva da barriera doganale, a delimitazione dell’area del porto franco, nel tratto compreso tra il Forte San Pietro e la Porta San Marco.

Costruita negli anni ’30 dell’Ottocento, la Dogana d’acqua fu commissionata dal granduca Leopoldo II di Toscana per espandere il porto franco della città. Il suo design, opera dell’architetto Carlo Reishammer, includeva due darsene spaziose, una interna rettangolare e una esterna semicircolare, che servivano come aree di sosta per le imbarcazioni. Nel corso dei secoli, la Dogana subì diverse trasformazioni, soprattutto per adeguarsi alle esigenze di viabilità stradale. Tuttavia, la Seconda Guerra Mondiale lasciò il suo segno, riducendo l’edificio a un cumulo di rovine che nel dopoguerra furono demolite per fare spazio a un magazzino industriale.

Nel 2009, il Comune di Livorno ha avviato un progetto di riqualificazione per trasformare l’area in un centro di alta tecnologia per la logistica, in collaborazione con prestigiose istituzioni accademiche. Nonostante alcune modifiche al progetto originale, il cantiere di ricostruzione iniziato nel 2013 ha portato a una soluzione architettonica innovativa: la vecchia Dogana è stata incapsulata in una moderna teca vetrata. L’idea, infatti, era quella di ricreare l’immagine dell’antico edificio per mezzo di una doppia pelle in vetro serigrafato che riproponesse proprio la conformazione del fabbricato un tempo esistente. Oggi, i visitatori possono ammirare i resti del ponte a tre arcate e della parte posteriore dell’edificio dove un tempo si effettuavano i controlli sulle merci trasportate dalle imbarcazioni.